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Conferimenti di criptovalute

La fattispecie

Il Notaio rifiuta l’iscrizione al Registro delle Imprese di una delibera di aumento di capitale, sottoscritta mediante conferimento inter alia di criptovaluta (nella fattispecie, la moneta virtuale “ONE COIN” scambiata su mercati non regolamentati), poiché “non sufficientemente dotata dei requisiti di legittimità per ordinarne una immediata e incondizionata iscrizione”, considerato che le criptovalute non consentirebbero “una valutazione concreta del quantum destinato alla liberazione dell’aumento di capitale sottoscritto né di valutare l’effettività (quomodo) del conferimento”.

La società ricorre al Tribunale di Brescia chiedendo di ordinare l’iscrizione nel Registro delle Imprese della delibera di aumento di capitale argomentando che:

(i) la perizia prodotta in sede di conferimento conferma il valore della criptovaluta e il trasferimento della sua disponibilità in capo alla Società (mediante messa a disposizione delle credenziali),

(ii) l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la moneta virtuale va inserita nella dichiarazione dei redditi, e quindi possiede valore economico,

(iii) ai fini del conferimento, le criptovalute possono essere assimilate a crediti o beni immateriali,

(iv) la moneta virtuale da conferire è scambiata su mercati non regolamentati e soggetta a valutazione di operatori specializzati, e

(v) il livello di diffusione della moneta virtuale confermerebbe che trattasi di un mezzo di pagamento sufficientemente riconosciuto e accettato.

La decisione del tribunale di Brescia

Con decreto in data 18 luglio 2018 il Tribunale di Brescia, pur non escludendo in linea di principio l’idoneità delle criptovalute al conferimento nel capitale di una S.r.l., nel caso concreto respinge il ricorso ex art. 2436 c.c. della Società assumendo l’assenza, nella criptovaluta in esame, tra i requisiti fondamentali dei beni adatti al conferimento, dell’idoneità ad essere oggetto di aggressione da parte dei creditori. Nello specifico, il Tribunale si sofferma sulla impossibilità di fatto, da parte dei creditori sociali, di aggredire mediante pignoramento la criptovaluta in esame, ritenuta “embrionale” e priva dei requisiti minimi per essere assimilata a beni suscettibili di valutazione economica.

La decisione della Corte d’Appello di Brescia

La società ricorre quindi alla Corte d’Appello di Brescia, la quale respinge il ricorso con decreto in data 30 ottobre 2018, escludendo in linea generale (senza quindi fare riferimento alla specifica criptovaluta oggetto del reclamo) che la criptovaluta possa essere un’entità conferibile nel capitale sociale di una S.r.l..

La Corte esamina la natura delle criptovalute, da considerarsi come “moneta, e cioè come mezzo di scambio nella contrattazione in un dato mercato, atto ad attribuir valore, quale contropartita di scambio, ai beni e servizi, o altre utilità, ivi negoziati”. Secondo la Corte d’Appello la criptovaluta, essendo essa stessa elemento di scambio di beni e servizi, non può essere assimilata a questi ultimi e pertanto non troverebbe applicazione la procedura di cui al combinato disposto di cui agli artt. 2464 e 2465 c.c., che prevede la redazione di una relazione di stima per il conferimento di beni, servizi e altre utilità. Conclude quindi la Corte affermando che, essendo precluso in ricorso alla perizia di stima, non è possibile assegnare alla criptovaluta un controvalore certo in euro e pertanto, come affermato dal Notaio, non è consentita una valutazione effettiva e certa del “quantum” destinato alla liberazione del capitale.

Conclusioni

Le prime pronunce giurisprudenziali in materia qui richiamate hanno ambedue negato la possibilità di conferire in società criptovalute ai sensi degli artt. 2464 e 2465 c.c. sulla base, tra le altre cose, di un differente inquadramento della natura delle criptovalute: il Tribunale di Brescia sembra incline a qualificarle come beni (e di questo avviso è il Tribunale di Firenze il quale, con la sentenza n. 18 del 21 gennaio 2019, inquadra espressamente le criptovalute tra i “beni” ex art. 810 c.c.) privi però (nel caso di specie) dei requisiti minimi per il conferimento, mentre la Corte d’Appello di Brescia tende a collocarle nella categoria delle monete o mezzi di scambio alle quali non è possibile, per via della loro natura, attribuire una valutazione effettiva e certa.

 

 

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Federico Gioffrè
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