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Accertamenti fiscali – Proroghe dei termini di emissione e di notifica: quale è la logica delle soluzioni adottate?

È paradossale doversi chiedere oggi, a fine novembre, se gli accertamenti per l’anno fiscale 2015 potranno essere effettuati solo entro il prossimo 31.12.2020 (termine naturale ordinario) oppure entro il più ampio termine del 25.03.2021 (inclusivo della proroga dei termini disposta a marzo dal D.L. c.d. “Cura Italia”). Ancora più paradossale appare dover cercare di capire perché questi accertamenti potranno essere notificati un qualsiasi giorno dell’intervallo temporale che intercorrerà tra una delle due date appena citate ed il 31.12.2021.

Senza considerare che l’Agenzia delle Entrate sembra ritenere che la cd. legislazione emergenziale comporterebbe proroghe anche per l’attività di accertamento per tutte le annualità oggi “aperte” (2016, 2017, 2018 e 2019).

Tale situazione di incertezza e difficoltà – con la quale in ambito fiscale siamo ormai abituati a convivere – mina l’efficacia e la funzionalità degli interventi, creare nuovi problemi interpretativi ed applicativi di cui francamente non si sentiva il bisogno ed è tanto più ingiustificata ed incomprensibile se si pensa che la normativa che l’ha generata è stata emanata con il dichiarato scopo di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali.

Per meglio comprendere a cosa ci riferiamo e quali siano le concrete problematiche applicative in un tema di interesse primario per contribuenti ed operatori del diritto, vediamo quale è la situazione normativa.

Proroga dei termini relativi all’attività degli enti impositori

Il decreto Cura Italia (D.L. n. 18 del 2020) ha previsto la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 (84 giorni nel computo dell’Agenzia, anche se è stato suggerito il diverso computo di 85 giorni su considerazioni che esulano da queste note) dei termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori (art. 67, comma 1). In ragione di detta sospensione, per un corrispondente periodo di tempo, è stata anche prevista la proroga dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli stessi uffici (art.67, comma 4).

In proposito l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 11/E del 6 maggio 2020 ha sostenuto che lo spostamento in avanti del decorso dei termini di prescrizione o decadenza occorra anche se il termine originario non scade entro il 2020.

Ciò vuol dire, ad esempio, che la proroga di 84 giorni per l’esercizio del potere accertativo in tema di imposte dirette e IVA non riguarderebbe solo le dichiarazioni relative all’anno di imposta 2015 presentate nel 2016 ed in scadenza il 31.12.2020 (che risulterebbe prorogato al 25.03.2021), ma anche quelle relative agli anni successivi, per le quali nel 2020 sono ancora “aperti” i termini per l’accertamento (2016, 2017, 2018 e 2019).

E’ evidente che, se questa è la lettura della norma, viene riconosciuta all’Ufficio un’estensione dei termini ingiustificata, in deroga allo Statuto del Contribuente. La proroga di un termine decadenziale con riferimento all’attività in scadenza nel 2020 è ragionevole, poiché anche l’Amministrazione finanziaria sicuramente ha subito un rallentamento e un “pregiudizio” per effetto della pandemia. E’ però difficile immaginare che, in conseguenza della sospensione dell’attività accertativa occorsa nel 2020, l’attività dell’Ufficio abbia avuto un nocumento anche con riferimento a quella relativa ad annualità per le quali i termini accertativi sono ancora aperti e verranno a scadere in un lasso di tempo compreso tra il 31.12.2022 (anno di imposta 2016) e 2025 (anno di imposta 2019). In questo caso la proroga di 84 giorni rispetto ai termini ordinari non risponde ad una ragionevole esigenza che giustifichi la deroga al divieto di proroghe dei termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti previsto dallo Statuto del Contribuente (art. 3, comma 3).

Termini per l’emissione a termini per la notifica degli atti in scadenza il 31.12.2020

A complicare la situazione interpretativa è intervenuto anche il Decreto Rilancio (D.L. n. 34 del 2020), che ha previsto che per gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza ordinari, calcolati, quindi, senza tener conto del periodo di sospensione (8 marzo-31 maggio 2020), scadono tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza (art. 157).

Secondo tale disposizione gli avvisi di accertamento i cui termini scadono naturalmente (senza considerare la sospensione di 84 giorni) entro il 31 dicembre 2020, devono necessariamente essere emessi dall’Ufficio entro tale data, ma devono essere notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021.

L’applicazione di tale previsione normativa produce effetti illogici e grotteschi.

La verifica della data di “emissione” – Innanzitutto non si sa come potrà l’Ufficio dimostrare di aver tempestivamente emesso un atto accertativo in scadenza il 31.12.2020 entro tale data, visto che lo deve notificare oltre detto termine (dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021). E questo certo non è un aspetto secondario, visto che la data di emissione dell’atto deve essere verificata con certezza e questa non deve essere successivamente modificabile. Sarà indispensabile certificare sia la data di emissione, che quella di successiva notifica dell’atto, considerando che la tempestività della data di notifica dovrà essere valutata anche con riferimento a quella di emissione dell’atto. Solo se l’atto sarà emesso entro il 31.12.2020 la notifica dello stesso sarà legittima allorquando effettuata nel successivo periodo 1°gennaio -31 dicembre 2020.

Al di là di ciò, quello che rende questa disposizione normativa – dichiaratamente diretta a “favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociale” (rubrica dell’art. 157) – del tutto illogica e non funzionale allo scopo che si prefigge è che, nel prevedere il disallineamento temporale tra emissione Alert Tax – Review www.nunziantemagrone.it dell’atto e successiva notifica dello stesso, in realtà consente all’Ufficio di notificare un atto formato il 31.12.2020 – che nella normalità avrebbe dovuto essere notificato lo stesso 31 dicembre 2020 (ultimo giorno) – nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021 e quindi anche già il 1° gennaio 2021, vale a dire un giorno dopo quello in cui avrebbe dovuto essere notificato “ante COVID”.

Viene da chiedersi quale possa essere il beneficio che il contribuente può avere in termini di “ripresa” se gli viene notificato un avviso il giorno successivo rispetto a quello nel quale avrebbe dovuto di norma riceverlo. Non è dato sapere!

Diverso sarebbe stato il caso se la notifica degli atti emessi entro il 31 dicembre 2020 fosse stata prevista non prima del 30 settembre 2021 ed entro il 31 dicembre 2021. In questo caso 9 mesi, forse, avrebbero potuto garantire una più realistica “ripresa”.

Il restauro del termine ordinario di “emissione”? – Altro aspetto che non si comprende è perché il legislatore con questa norma del Decreto Rilancio abbia inteso imporre all’Amministrazione di emettere gli atti in scadenza il 31 dicembre 2020 – e quindi quelli rispetto ai quali l’attività per effetto della pandemia ha subito maggiore pregiudizio – entro tale data, senza apparentemente riconoscerle in più gli 84 giorni di estensione dei termini, che, invece, l’art. 67 del Cura Italia aveva riconosciuto indiscriminatamente.

L’effetto che il tenore letterale della norma produce è certamente distorsivo: quando serve (per l’attività in scadenza nel 2020) viene prorogato solo il termine di notifica degli atti impositivi e non quello di emissione; quando non serve (per l’attività non in scadenza e relativa al periodo compreso tra il 2016 e il 2019) il termine per l’emissione dell’atto viene prorogato.

Se c’era un caso in cui si poteva giustificare una proroga dei termini per l’esercizio del potere accertativo era per quello relativo ad atti in scadenza nel 2020! Tale irrazionalità dell’intervenuto contenuto nel Decreto Rilancio induce a temere che per porvi rimedio il legislatore, intervenga con una norma di proroga al 31 dicembre 2021 del termine sia per l’emissione che per la notifica degli atti in scadenza al 31 dicembre 2020, in danno ai contribuenti e in violazione dello Statuto del Contribuente. Quel che è certo è che questa normativa irrazionale aprirà le porte a contenziosi nei quali le eccezioni pregiudiziali relative al rispetto dei termini di decadenza e di notifica degli atti impositivi avranno largo spazio nelle aule giudiziarie.

 

 

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