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Convegno IFA: Fiscalità nazionale e internazionale 2025: novità e prospettive (1° parte).

Quest’anno, il 4 marzo 2025, si è svolto a Milano il Convegno Annuale dell’International Fiscal Association (IFA), sezione italiana, dedicato alle ulteriori novità introdotte dalla riforma fiscale (si veda il nostro precedente Alert ” Spigolature per orientarsi sulla riforma fiscale in corso: residenza fiscale e onshoring di attività extra UE/SEE. ” del 27/02/2024) e dalla Legge di Bilancio 2025, in tema di fiscalità nazionale ed internazionale.

Alla data di questo Alert sono stati pubblicati in G.U i seguenti Decreti Legislativi: i) fiscalità internazionale (D.lgs. 209/2023); ii) IRPEF (D.lgs. 216/2023; iii) statuto dei contribuenti (D.lgs. 219/2023); iv) contenzioso tributario (D.lgs. 220/2023); v) adempimento collaborativo; vi) adempimenti (D.lgs. 1/2024); vii) accertamento tributario e di concordato preventivo biennale (D.lgs. 13/2024); viii) riordino del settore dei giochi (D.lgs. 41/2024); ix) sanzioni tributarie (D.lgs. 87/2024); x) riscossione delle imposte (D.lgs. 110/2024); xi) imposta di registro, successioni e donazioni, bollo e degli altri tributi indiretti diversi dall’IVA ( D.lgs. 139/2024); xii) revisione della disciplina doganale, del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi (D.lgs. 141/2024); xiii) regime impositivo dei redditi IRPEF – IRES (D.lgs. 192/2024).

Di seguito saranno analizzate le maggiori novità trattate in tema di reddito d’impresa e IVA.

Reddito d’impresa

  • Operazioni straordinarie (D.lgs. 192/2024)

Conferimenti di partecipazioni

Una novità importante analizzata nel Convegno IFA riguarda la disciplina dei conferimenti di partecipazioni, che adesso include anche le partecipazioni in società non residenti. In particolare, il D.Lgs. 192/2024 ha modificato gli artt. nn. 177, comma 2 e comma 2-bis e 178 del D.P.R. 917/1986 (“TUIR“), che stabiliscono come devono essere trattate fiscalmente le operazioni di conferimento, ampliando il loro ambito applicativo al fine di ricomprendere anche le partecipazioni in società non residenti citate poc’anzi. Tale modifica si pone in aperto contrasto con la posizione espressa dall’Agenzia dell’Entrate nella risoluzione del 4 aprile 2017 n. 43/E la quale non prevedeva l’applicazione dei suddetti articoli per le operazioni oltre confine.

Inoltre, sempre con riguardo ai i conferimenti di partecipazioni, a seguito dell’emanazione del D.Lgs. 192/2024, ai sensi dell’art. 177, comma 2 del TUIR, non risulta più necessario che l’integrazione del controllo sia imposta da obblighi legali o vincoli statutari.

Un’altra importante modifica introdotta dal Decreto in commento riguarda la deducibilità delle minusvalenze nei conferimenti considerati “minusvalenti”. In particolare, a seguito della novella, queste devono essere calcolate prendendo in considerazione il valore di realizzo, oppure il valore normale, a seconda di quale sia maggiore. Prima dell’introduzione della novella, invece, il solo riferimento era il valore normale di realizzo. Questo nuovo approccio offre maggiore flessibilità nella determinazione del valore per la deducibilità delle minusvalenze.

Inoltre, sempre ai sensi del D.lgs. 192/2024, il regime di realizzo controllato ora si applica anche ai casi in cui la società conferitaria sia controllata da familiari del conferente persona fisica e anche se parliamo di holding non quotate.

Scissione mediante scorporo

Spostandoci sulle scissioni mediante scorporo disciplinate dall’art. 2506.1 c.c., si può affermare che l’attenzione della discussione è stata principalmente rivolta al loro ambito di applicazione.

La norma prevede l’operazione soltanto facendo riferimento a una o più beneficiarie di nuova costituzione, però, secondo la dottrina maggioritaria (ex multis Consiglio Notarile di Milano Massima n. 209/2023), le regole potrebbero valere anche se la beneficiaria è una società già esistente.

Questa posizione ha fatto, tuttavia, sorgere dubbi in merito a quale regime fiscale si debba applicare alla tipologia di scissione con beneficiaria preesistente.

Un’altra novità rilevante sottolineata nel Convegno è quella introdotta dal nuovo comma 15-ter dell’art. 173 TUIR e relativa all’applicabilità della PEX (Participation Exemption) sugli atti di realizzo delle partecipazioni anche alle scissioni mediante scorporo. Sul punto, è stato in particolare evidenziato che il modo in cui vengono trattate fiscalmente le partecipazioni ricevute dalla scissa dipende dal tipo di beni trasferiti, tuttavia, a detta dei relatori, nel caso di trasferimenti che abbiano ad oggetto una pluralità di beni diversi (come aziende, partecipazioni che soddisfano i requisiti PEX e altri beni) risulterebbe dubbio il regime fiscale applicabile.

Infine, in tema di scissione transfrontaliera, disciplinata dall’art. 173, comma 15-ter del TUIR, è stata rimarcata, come indicato nella relazione illustrativa del Dl.gs. 192/2024 l’introduzione della piena neutralità fiscale per le scissioni che coinvolgono una società scissa dell’UE o appartenente al SEE e una beneficiaria con una stabile organizzazione in Italia “a prescindere dal mantenimento in Italia di una stabile organizzazione della società scissa nel cui patrimonio sono comprese tali partecipazioni“. Tale novella comporta che, a certe condizioni, non ci sarà imposizione immediata per la cessione delle partecipazioni scorporate.

  • Perdite fiscali (D.lgs. 192/2024)

Per quanto riguarda le perdite fiscali, il Convegno si è concentrato sui rilevanti cambiamenti apportati all’art. 84 TUIR, che disciplina il riporto delle perdite. Difatti, con il Decreto in oggetto sono stati eliminati alcuni limiti precedenti, come il numero minimo di dipendenti per il riporto delle perdite e introdotte nuove condizioni per determinare se si è verificato un cambiamento di attività.

In particolare, con le modifiche in parola, viene precluso il diritto di riportare le perdite fiscali se, a seguito di un cambiamento nell’attività principale della società, si verifica anche un trasferimento di partecipazioni rappresentanti la maggioranza dei diritti di voto. Viene inoltre precisata la definizione di “cambiamento di attività”, che ora include il cambio di settore economico o comparto merceologico. Tuttavia, in relazione a tale ultima modifica, i relatori hanno espresso alcune perplessità in quanto, la nuova normativa, così così come formulata, si presterebbe ad una molteplicità di interpretazioni da parte dei singoli operatori, giacché non chiarisce correttamente se si configuri o meno un cambio di attività qualora, ad esempio, una società passi da un’attività di vendita al dettaglio a una vendita all’ingrosso, con la conseguenza che potrebbe finire per ingenerare un nuovo filone di contenzioso.

Un’altra importante modifica sottolineata nel Convegno concerne l’introduzione del valore economico del patrimonio netto come limite per il riporto delle perdite ai sensi del nuovo comma 7 dell’art. 172 del TUIR. Nello specifico, ai sensi della nuova disciplina, il valore economico, calcolato tramite perizie di stima, è considerato dai relatori più rappresentativo della capacità futura della società di generare reddito, rispetto al valore contabile. I relatori hanno, inoltre, evidenziato che il valore economico deve, da un lato, includere anche i tax asset, ma dall’altro, non deve considerare le perdite fiscali non ancora realizzate, giacché queste non sono certe.

Sempre riguardo a questo tema, è stato rilevato dai relatori l’inserimento di un moltiplicatore, frutto del rapporto tra il valore economico ed il valore contabile del patrimonio netto, utilizzato per “sterilizzare” gli effetti dei conferimenti e dei versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi. Tuttavia, sono stati sollevati dubbi sull’utilizzo di questo strumento per tali conferimenti e versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi, in quanto l’applicazione in tal senso di questo strumento potrebbe comportare l’inutilizzo di perdite scomputabili, snaturandosi in questo modo la semplificazione che lo dovrebbe contraddistinguere, oltretutto per i relatori sembrerebbe essere anche uno strumento che si presta facilmente ad attività di arbitraggio da parte del contribuente.

Infine, in relazione all’utilizzo delle perdite fiscali derivanti da operazioni di fusione, anche per esse la modifica dell’art. 172 TUIR ha introdotto il limite del valore economico del patrimonio netto, oltre a quello contabile (misura quest’ultima ritenuta inadeguata ad indicare la redditività prospettica, secondo i relatori). Se la fusione è retrodatata, il limite si applica solo alle perdite realizzate nel periodo di retrodatazione dalla società incorporata e non da quella incorporante.

Per quanto, invece, riguarda la libera circolazione delle perdite infragruppo, è stato precisato che le perdite fiscali tra le società di un gruppo possono essere utilizzate liberamente, senza le restrizioni imposte dal regime di tassazione consolidata, che in passato impediva l’utilizzo delle perdite realizzate da una società prima che fosse inclusa nel consolidato fiscale. Di conseguenza, per effetto delle modifiche ora, se una società con perdite fiscali viene fusa con una società del gruppo con redditività positiva, le perdite possono essere utilizzate per compensare gli utili del gruppo. Questo permette una maggiore flessibilità nella gestione delle perdite e una compensazione più rapida all’interno di questo.

  • Principali incentivi fiscali alle imprese

Crediti “Inesistenti” vs. “Non Spettanti” (D.lgs. n. 87/2024)

Con il D.lgs. 87/2024 il Legislatore ha finalmente codificato la definizione di crediti inesistenti e non spettanti, introducendo le lett. g-quater e g-quinquies all’art. 1 del D.l.gs. 74/2000.

In particolare:

– per crediti inesistenti si intendono quelli i) per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento; ovvero, ii) i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici;

– per crediti non spettanti, invece, per “crediti non spettanti” si intendono: “1) i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento; 2) i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito; 3) i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza“.

Secondo i relatori, tuttavia, nonostante il Legislatore abbia finalmente fornito una definizione codificata delle due fattispecie, che nelle intenzioni doveva prevenire e aiutare a ridurre il contenzioso formatosi sul punto, la distinzione così come descritta dalle norme non è riuscita a chiarire del tutto i confini tra le due tipologie di contestazioni.

Nel Convegno i relatori hanno unanimemente espresso forti dubbi sulla previsione dell’inesistenza tout court del credito anche quando i requisiti sostanziali o formali manchino solo parzialmente, ritendo corretta, invece, che i crediti andrebbero ritenuti inesistenti solo nel caso di documentazione fraudolenta. Per le stesse ragioni, è stato criticato il trattamento sanzionatorio, che prevede, sia nel caso di insussistenza parziale dei requisiti, sia di presenza di documentazione fraudolenta, il medesimo trattamento sanzionatorio.

Inoltre, la recente riforma non ha risolto completamente i dubbi su come e quando si possa applicare la remissio in bonis per quanto riguarda la non spettanza per difetto dei prescritti adempimenti amministrativi a pena di decadenza, cioè la possibilità di “sanare” la violazione e ripristinare il credito prevista dall’art. 2 del Decreto Legge 16/2012.

IRES Premiale (Legge di Bilancio 2025)

l’IRES premiale è un incentivo fiscale introdotto dall’ultima Legge di Bilancio per il solo anno d’imposta 2025, che prevede una riduzione dell’aliquota IRES dal 24% al 20% per le imprese che soddisfano determinate condizioni. Tra queste, una delle più rilevanti è che almeno l’80% dell’utile dell’anno 2025 venga accantonato in una riserva. Inoltre, è richiesto che una parte degli utili conseguiti negli anni d’imposta precedenti 2023 e 2024 venga destinata a investimenti in beni qualificati, e che vengano adottate misure per incrementare l’occupazione aziendale.

Tuttavia, non sono previsti incentivi speciali per le operazioni straordinarie (come fusioni o acquisizioni), e l’aliquota ridotta non si applica se l’impresa è in difficoltà economica (ad esempio, in liquidazione o sottoposta a procedure concorsuali). La disciplina, che ad oggi è in attesa del decreto attuativo, desta non pochi dubbi su cosa si debba intendere per “beni qualificati”, mancandone una definizione chiara, su come debbano essere contabilizzati gli utili accantonati e, infine, su quale sia il regime applicabile alle società costituite nell’anno 2024/2025, chiaramente impossibilitate ex se alla destinazione degli utili poc’anzi citati ad investimenti in beni qualificati.

In conclusione, nonostante l’introduzione di incentivi fiscali importanti per le imprese, le normative vigenti presentano diverse incertezze e problematiche interpretative che potrebbero ostacolare la piena fruizione dei benefici ovvero incrementare il contenzioso tra contribuenti e amministrazione finanziaria, sterilizzando i buoni propositi del Legislatore. Le imprese e in particolare quelle che investono in ricerca e sviluppo, si trovano a dover navigare un sistema fiscale complesso e a volte poco chiaro, dove le interpretazioni dell’Amministrazione fiscale e delle corti possono variare notevolmente.

Imposta sul valore aggiunto

Distacco e somministrazione (D.lgs. n. 131/2024)

Il Decreto Legge n. 131/2024 ha abrogato l’articolo 8, co. 35 L. n. 67/1988, che prevedeva l’irrilevanza ai fini IVA dei prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo. Tuttavia, come sottolineato nel Convegno tale norma era stata già, di fatto, superata ancor prima della sua cancellazione ad opera dell’art. 16-ter, del D.L. 131/2024.

Difatti, la Corte di Giustizia Europea con la Sentenza del 2020 (Causa C-94/2019), ha stabilito che la normativa comunitaria osta “a una legislazione nazionale in base alla quale non sono ritenuti rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente“. Tale conclusione si fonda sull’assunto che ai fini IVA ciò che rileva non è l’assenza di un mancanza di un guadagno, bensì la sussistenza di un nesso diretto tra le due operazioni.

Sul punto, i relatori hanno tuttavia, sollevato critiche sulla parzialità della sentenza emessa dalla Corte di Giustizia UE, giacché, prevedendo che tutte le operazioni di distacco sono imponibili IVA, anche in assenza di intenti lucrativi, “ignora che il distacco, pur non mirato a generare profitto, è trattato come un’operazione economica soggetta a tassazione“.

Il problema principale della pronuncia è che non considera le peculiarità delle operazioni di distacco orientate a soddisfare esigenze interne aziendali piuttosto che a ottenere profitti. L’introduzione di questa modifica, in attuazione di quanto pronunciato dalla Giurisprudenza Europea sembra trascurare il principio di onerosità che era alla base della precedente esclusione IVA.

Sarà fondamentale osservare come verrà applicata questa normativa in futuro.

Una controllata è una stabile organizzazione?

Al Convegno sono state evidenziate una serie di recenti pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), emesse in tema di stabile organizzazione “occulta”, le quali hanno chiarito quando una controllata possa essere considerata una stabile organizzazione ai fini IVA.

Preliminarmente, va infatti, precisato che la definizione di stabile organizzazione ai fini IVA differisce da quella prevista ai fini delle imposte dirette, in particolare, ai fini IVA è necessaria la presenza di mezzi tecnici e umani, utilizzati in modo continuativo per fornire o ricevere servizi, mentre questa condizione non è essenziale per le imposte sui redditi (sul punto vd. Circ. 26/E/2014).

L’esposizione si è in particolare soffermata sul caso concluso con la sentenza ADIENT (13 giugno 2024 C-533/22), la quale originava da una contestazione avanzata dall’Amministrazione fiscale rumena che aveva attribuito d’imperio una partita IVA alla controllata di una società tedesca, ritenendola una stabile organizzazione della stessa.

La CGUE, confermando il proprio precedente orientamento, ha concluso sul punto che “[…] non può integrarsi una stabile organizzazione per il solo fatto che le due società appartengono a uno stesso gruppo o che tali società sono legate tra loro da un contratto di prestazione di servizi, […].”Al fine di una legittima contestazione della sussistenza di una stabile organizzazione, occorre che i mezzi umani e tecnici di cui la società dispone nello Stato membro siano distinti da quelli mediante i quali le vengono forniti i suddetti servizi.

Chiarito che la presenza di una controllata non implica automaticamente l’esistenza di una stabile organizzazione, la Corte aggiunge che, anche in caso di presenza di mezzi tecnici e umani forniti dalla società stabilita nell’altro Stato Membro, se questi non sono distinti da quelli mediante i quali sono forniti i servizi, oppure, qualora svolgano meramente attività preparatorie o ausiliare, ugualmente non si può ritenere integrata la sussistenza di una stabile organizzazione nell’altro Stato Membro. Ciò che rileva, dunque, è la valutazione del fatto che i mezzi umani e tecnici delle succursali sono messi a disposizione della casa madre con un sufficiente grado di permanenza, affinché quest’ultima possa ricevere le prestazioni di servizi e utilizzarle per la propria attività.

Il punto cruciale riguarda quindi il contratto tra le controllate e la società madre, che deve essere un contratto di servizi in cui la controllata agisca come una parte terza, pur facendo parte dello stesso gruppo.

La società di comodo non operative

Il Convegno si è poi soffermato sulla disciplina delle società non operative, e, in particolare, sulla sentenza della CGUE 7 marzo 2024 n. C-341/22 (Feudi di San Gregorio).

Oggetto del caso era la compatibilità della disciplina italiana delle società di comodo – che prevede come le società non operative non possono ottenere il rimborso del credito IVA – con la Direttiva IVA e il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto.

Sul punto, la Corte di Giustizia ha stabilito che: “la normativa comunitaria  osta ad una normativa nazionale che neghi la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone“. Analogamente, i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi “ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle“.

In linea di principio, le sentenze della CGUE hanno valore retroattivo nei riguardi dei procedimenti in corso, non esplicando i loro effetti in relazione a quelli definiti con sentenza passata in giudicato, o nei riguardi di atti impositivi divenuti definitivi per assenza di impugnazione.

Tuttavia, alla luce della nuova disciplina dell’autotutela obbligatoria (art. 10-quater della L. 212/2000 – c.d. Statuto dei diritti del contribuente) che prevede come l’Amministrazione finanziaria sia tenuta, in alcuni casi di casi di manifesta illegittimità specificatamente elencati, ad annullare gli atti impositivi, sia in pendenza di giudizio, sia in caso di atti divenuti definitivi da non più di un anno, i relatori si sono posti il dubbio se tale sentenza della CGUE, dichiarando illegittima la normativa nazionale che nega il rimborso del credito IVA alle società non operative, possa costituire una causa di manifesta illegittimità, ed essere “applicata”, per il tramite della disciplina dell’autotutela obbligatoria, anche agli accertamenti divenuti definitivi da non più di un anno.

In assenza di indicazioni in senso contrario da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’invio di un’istanza di annullamento in autotutela andrebbe sicuramente presa in considerazione.

Transaction cost

Nel Convegno i relatori hanno poi evidenziato come la Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 22608 e 22649 del 2024, abbia sconfessato le tesi espresse dall’Agenzia delle Entrate in tema di detraibilità dell’IVA dei costi sostenuti dalla società veicolo nei casi di operazioni di Leveraged Buy Out (ex multis cfr. Circolare n. 6/2016).

Negli arresti giurisprudenziali citati, la Cassazione ha in particolare riconosciuto che “L’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta dalla società veicolo, qualora correlata ad acquisti di beni e servizi che si accertino preordinati alla realizzazione della tratteggiata operazione di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, è in linea di principio detraibile ai sensi degli artt. 19 e ss. DPR n. 633 del 1972, qualora la società risultante dalla fusione con la società c.d. target sia qualificabile alla stregua di soggetto passivo IVA e goda, a propria volta, del diritto alla detrazione dell’imposta“.

Difatti, i costi sostenuti dalla società veicolo, benché anteriormente alla fusione non si risolvano in una interferenza diretta nella gestione societaria della controllata che implichi l’effettuazione di operazioni soggette a IVA, nondimeno appaiono intimamente preparatori dell’esercizio dell’attività economica e del suo rafforzamento. La società veicolo neocostituita sostiene i costi stessi con la finalità di utilizzare i beni o i servizi consulenziali acquistati per la prosecuzione dell’attività economica della società target, altrimenti non avrebbe neppure ragione di acquistarli.

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