Opinioni
La nuova residenza fiscale delle persone fisiche colpisce lo smart working.
Non c’è pace per lo smart working. Con la Circolare n. 20 dello scorso 4 novembre 2024, l’Agenzia delle Entrate illustra, a quasi un anno dalla loro introduzione ed entrata in vigore, le nuove norme sulla residenza fiscale introdotte dal D.Lgs. n. 209/2023 ed in vigore a decorrere dallo scorso 1° gennaio 2024. In questa sede riepiloghiamo le novità per le sole persone fisiche, al fine di riprendere ed aggiornare alcuni commenti in tema di smart working oggetto di alcuni nostri precedenti Alert (I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate sui profili fiscali del lavoro da remoto, c.d. Smart working; Spigolature per orientarsi sulla riforma fiscale in corso: residenza fiscale e onshoring di attività extra UE/SEE; La mobilità del lavoro e dell’impresa sfida i sistemi fiscali.)
Residenza fiscale delle persone fisiche (D.Lgs. n. 209/2023)
Fino al 2023, era fiscalmente residente chiunque avesse realizzato uno qualsiasi dei seguenti presupposti per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia 183 giorni in un anno, o 184 giorni in caso di anno bisestile):
- iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente;
- domicilio nel territorio dello Stato italiano ex art. 43 del cod. civ. (sede principale degli affari e interessi);
- residenza nel territorio dello Stato italiano ex art. 43 del cod. civ. (luogo di dimora abituale).
A decorrere dal 1° gennaio 2024, la norma di riferimento (art. 2, comma 2, del TUIR) stabilisce che le persone fisiche sono fiscalmente residenti in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta, come sopra indicato, realizza uno qualsiasi dei seguenti presupposti:
- residenza nel territorio dello Stato ex art. 43 del cod. civ. (luogo di dimora abituale);
- domicilio nel territorio dello Stato, da intendersi però come “luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“;
- presenza fisica nel territorio dello Stato, tenuto conto anche delle frazioni di giorno;
- iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, salvo prova contraria.
Le novità, così evidenziate nel testo che precede, possono avere rilevanti conseguenze in concreto.
Ai fini del presente Alert, la prima, e probabilmente principale, novità è costituita dalla modifica della nozione di “domicilio“, che non è più basata sul concetto civilistico di sede principale degli affari e interessi, ma piuttosto è incentrata sul concetto di “relazioni personali e familiari della persona”. La seconda novità per rilevanza riguarda l’inserimento del nuovo criterio della “presenza fisica“. Entrambe queste novità hanno un impatto sulla situazione personale dei lavoratori c.d. “agili” e, di riflesso, sui loro datori di lavoro.
Il nuovo “domicilio” – Smart working dall’estero
Nella nuova definizione di “domicilio”, l’abbandono dei riferimenti a profili economici (richiamati nella definizione codicistica dal termine “affari” ma anche da quello “interessi”, avendo quest’ultimo un significato ambivalente riferibile tanto alla sfera personale quanto a quella economica) avrà l’effetto di “smaterializzare” il concetto di residenza fiscale, che potrà essere riconosciuta anche in forza di legami sociali, non necessariamente di carattere affettivo/familiare, a chi lavori all’estero e torni in Italia per brevi periodi, oppure non torni affatto nel corso del periodo d’imposta, sempreché mantenga in Italia legami personali.
La soluzione, ideata dal legislatore per superare le problematiche connesse al riconoscimento del centro prevalente degli “affari” ed “interessi”, non sembra rendere la norma maggiormente efficiente. Il nuovo testo potrà portare gli uffici a qualche eccesso; già la Circolare si avventura ad affermare che “l’iscrizione annuale a un circolo culturale e sportivo” può indicare “la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente“; similmente, anche lasciare a propria disposizione in Italia una casa con utenze attive dove trascorrere “alcuni periodi di astensione dal lavoro” (par. 2.1.1).
Con riferimento al lavoro mobile, l’Agenzia – pur ammettendo che “la crescente mobilità delle persone fisiche può rendere più complessa l’individuazione della residenza” (par. 2.1.1) – ritiene però che i lavoratori che prestano smart working dall’estero dove siano anche fisicamente presenti per la maggior parte del periodo d’imposta, possono risultare residenti fiscalmente in Italia laddove integrino uno degli altri criteri diversi da quello della presenza fisica (par. 2.1.3), tra cui evidentemente anche se non soprattutto quello del “domicilio” inteso come luogo in cui sono presenti in via principale le relazioni sociali del soggetto.
È plausibile ipotizzare che ciò potrà aumentare, anziché diminuire, il livello di conflittualità tra fisco e contribuenti. Confidiamo tuttavia che i contenziosi saranno prevenuti dalle norme delle Convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione che restano sovraordinate rispetto alle norme domestiche e che, attraverso criteri successivi e alternativi (le cosiddette “tie-breaker rules”), prevedono l’assegnazione della residenza fiscale di un “doppio residente” a uno solo dei due Stati in concorrenza tra loro, in quanto, ai fini convenzionali, una persona fisica può essere residente in un solo Paese alla volta. A tal proposito, vale la pena notare che i criteri convenzionali – di residenza (art. 4 Modello OCSE) e di tassazione del reddito di lavoro dipendente (Art. 15 del Modello OCSE) – includono profili economici, anche legati al datore di lavoro, che pertanto continueranno a giocare un ruolo rilevante.
La presenza fisica nel territorio dello Stato – Smart working dall’Italia
Il nuovo criterio della “presenza fisica nel territorio dello Stato” è forse la novità meno discussa finora, ma con conseguenze potenzialmente ampie. Infatti, la Circolare afferma esplicitamente che questo criterio è oggettivo ed è quindi in grado di fare scattare la residenza fiscale di una persona fisica a seguito della sola presenza fisica nel territorio dello Stato per 183 nell’anno solare (184 giorni negli anni bisestili) “a prescindere dalle motivazioni di tale presenza” e dunque anche “per vacanza, o per motivi di studio, oppure per far visita ad amici e parenti” (par. 2.1.2). Se si considera che il criterio temporale non solo non richiede che il periodo dei 183/184 giorni sia continuativo (e questa non è una novità) ma anche che contano le frazioni di giorno (e questa è invece una novità a decorrere dal 1° gennaio 2024), si comprende bene come il criterio della presenza fisica può potenzialmente attrarre la residenza fiscale di molti soggetti.
Le conseguenze per i lavoratori in smart working dall’Italia per imprese straniere sono immediate. “Per effetto delle nuove norme, la permanenza in Italia del lavoratore in smart working per 183 (o 184, in caso di anno bisestile) giorni determina, di per sé, la residenza fiscale nel nostro Paese” afferma la Circolare (par. 2.1.3).
Pertanto, gli esempi di smart working e residenza fiscale contenuti nella Circolare n. 25 del 18 agosto 2023 discussi nel nostro Alert “I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate sui profili fiscali del lavoro da remoto, c.d. Smart working” dovranno essere riconsiderati. Proviamo a vede come.
A) Cittadina italiana trasferita all’estero dove svolge un’attività di lavoro in smart working con mantenimento dell’iscrizione nell’anagrafe italiana e trasferimento all’estero dei suoi affari (domicilio civilistico) e della sua dimora (residenza civilistica). Questo caso era considerato un caso di residenza fiscale in Italia; dal 2024 potrebbe non esserlo più, se la contribuente trasferisce all’estero, o comunque non residuano più in Italia legali sociali, personali o familiari (nuovo “domicilio”).
B) Cittadino italiano iscritto all’AIRE per la maggior parte del periodo di imposta, che abbia sottoscritto un contratto di lavoro con un datore estero, ma che svolge tale lavoro dall’Italia dove ha mantenuto la sua dimora abituale. Questo caso era considerato un caso di residenza fiscale in Italia in ragione dell’esistenza in Italia della dimora del contribuente; dal 2024 questo contribuente sarà considerato residente fiscale in Italia in ogni caso ed a prescindere dalla dimora, in forza del nuovo criterio della presenza fisica per più di 183/184 giorni.
C) Cittadino straniero, non iscritto nelle anagrafi della popolazione residente, che lavora per un datore di lavoro estero dall’Italia in smart working, e che ha con sé nel territorio dello Stato coniuge e figli per la maggior parte del periodo d’imposta. Questo caso era considerato un caso di residenza fiscale in Italia in ragione dell’esistenza in Italia della residenza del contribuente; dal 2024 questo contribuente sarà considerato residente fiscale in Italia anche in forza del nuovo criterio della presenza fisica per più di 183/184 giorni e del criterio del nuovo domicilio.
D) Soggetto non residente in Italia che lavora da uno stato estero per un datore di lavoro italiano. Questo caso non era considerato un caso di residenza fiscale in Italia; si può invece ora ipotizzare che dal 2024 questo soggetto potrebbe essere considerato residente fiscalmente in Italia se dovesse sviluppare, sia pure prevalentemente a distanza, significative relazioni sociali personali che integrino il criterio del nuovo domicilio.
Naturalmente, anche in questo caso saranno le norme delle Convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione. laddove applicabili, a dire l’ultima parola, auspicabilmente prevenendo numerosi e complessi contenziosi che altrimenti potrebbero nascere tra fisco e contribuenti.
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