Opinioni
Per la Cassazione l’efficacia del giudicato penale nel processo tributario vale solo per le sanzioni.
Con la recente sentenza n. 3800 del 14 febbraio 2025 emessa in tema di efficacia della sentenza penale nel processo tributario (in tema di ne bis in idem si veda anche il nostro precedente Alert “Con la riforma del processo tributario possiamo ritenere codificato l’estensione del giudicato penale con conseguente applicazione del principio del ne bis in idem?” del 21 dicembre 2022), la Suprema Corte ha affermato il principio secondo il quale la sentenza penale di assoluzione ha automatica efficacia nel processo tributario limitatamente ed esclusivamente alle sanzioni amministrative tributarie, non svolgendo effetti in relazione alle imposte, nei confronti delle quali ha rilievo unicamente come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente a tutti gli altri elementi introdotti nel processo tributario.
Tale sentenza è tanto più rilevante se si considera che il Legislatore è da poco intervenuto in tema di efficacia delle sentenze penali nel processo tributario introducendo il nuovo art. 21-bis del D.Lgs. 74/2000, che prevede, appunto, che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione “perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso” – pronunciata nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto del giudizio tributario – ha efficacia di giudicato nel processo tributario, riverberando i propri effetti quindi anche nei confronti degli atti impositivi tributari.
L’inquadramento del nuovo art. 21-bis del D.lgs. n.74/2000
Più in dettaglio, l’art. 21-bis – inserito nel D.Lgs. 74/2000 (che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto) ad opera del Decreto 87/2024 emesso dal Governo in ossequio all’art. 20 della Legge delega di Riforma fiscale (L. 111/2023) – ha previsto al comma 1 che “La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi“.
Di conseguenza, nel segno di un’attenuazione del c.d. “doppio binario” penale-tributario, la norma prevede che la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento, assume efficacia di giudicato nel processo tributario se sono integrate le seguenti tre condizioni:
- l’assoluzione sia stata pronunciata perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso;
- l’assoluzione sia stata pronunciata nei confronti del medesimo soggetto;
- l’assoluzione sia stata pronunciata nei confronti sugli stessi fatti materiali oggetto del processo tributario.
Non producono dunque il medesimo effetto di giudicato, come specificatamente ribadito anche dalla Suprema Corte nella sentenza in commento:
- le sentenze di condanna;
- le sentenze di assoluzione e proscioglimento con diversa formula;
- i provvedimenti di archiviazione;
- le sentenze di applicazione della pena;
- tutte le sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato.
Il Caso affrontato dalla Suprema Corte di Cassazione e il principio di diritto stabilito
Il Giudizio qui in commento trae origine dal ricorso per Cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate che ha eccepito l’illegittimità della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria della Puglia n. 1544/2023, la quale aveva annullato integralmente l’avviso di accertamento (emesso in relazione al compimento di asserite operazioni oggettivamente inesistenti IVA da parte del contribuente), sulla base di una sentenza penale del Tribunale di Lecce (sentenza n.1281/2022) che aveva assolto il legale rappresentante della società con la formula “perché il fatto non sussiste“.
Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate ha lamentato l’appiattimento del Giudice Tributario di merito alle statuizioni del Tribunale penale; viceversa, il contribuente aveva resistito eccependo la legittimità della sentenza impugnata e rilevando come la sentenza di assoluzione con formula piena era stata, peraltro, confermata anche dal Giudice penale d’appello. Il contribuente lamentava anche la violazione del nuovo art. 21-bis sopra citato, entrato in vigore nelle more del giudizio per cassazione.
Nell’accogliere il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, la Suprema Corte di Cassazione ha prima richiamato le sentenze emesse dalla stessa in relazione al nuovo art. 21-bis, che ne hanno confermato l’applicabilità anche ai giudizi in corso, e poi ricostruito l’inquadramento sistematico del nuovo art. 21-bis affermando il seguente principio di diritto: “L’art. 21-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, introdotto con l’art. 1, D.Lgs. n. 87 del 2024, poi recepito nell’art. 119 TU della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio“.
Criticità
Di fatto, con la sentenza in commento, la Suprema Corte di Cassazione introduce un limite all’efficacia del giudicato della sentenza penale assolutoria, che avrebbe efficacia di giudicato solo per le sanzioni, lasciando invece inalterati la rilevanza della decisione penale sul rapporto d’imposta ed il regime probatorio.
Tuttavia, non appare così scontato che la norma in questione si riferisca, come affermato dalla Cassazione, alle sole sanzioni. Difatti, nel Dossier della Delega al Governo per la riforma fiscale, in relazione all’art. 20 della legge n. 111/2023 , viene chiarito che tale disposizione viene inserita nella legge delega “Per mezzo di emendamenti introdotti nel corso dell’esame in Senato, si prevede altresì che, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento, nei procedimenti tributari relativi a fatti materiali accertati in sede dibattimentale che erano già stati oggetto di precedenti procedimenti, qualora questi ultimi si fossero conclusi con sentenza definitiva di assoluzione perché il fatto non sussisteva o perché l’imputato non lo aveva commesso, tali sentenze faranno stato per quanto riguarda l’accertamento dei fatti medesimi. La coerenza con i principi generali dell’ordinamento, affermata negli emendamenti approvati, è riferibile all’articolo 652 del codice di procedura penale, secondo il quale la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o per risarcimenti del danno.”
Dalla lettura del Dossier sembrerebbe evidente che l’intenzione del Legislatore, contrariamente a quanto stabilito dalla Cassazione, sia stata quella di riferire l’estensione del giudicato penale al “fatto” posto alla base e dunque oggetto del giudizio tributario, ossia al merito della pretesa avanzata dall’Amministrazione finanziaria con gli atti impositivi.
Considerato, inoltre, che la norma non limita esplicitamente la valenza di giudicato della sentenza di assoluzione penale alle sole sanzioni e che, se avesse voluto, il Legislatore avrebbe potuto semplicemente specificarlo, la posizione assunta dalla Cassazione risulta ancor più inaspettata e sicuramente foriera di incrementare il contenzioso sul punto.
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