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Nuova tassazione per non residenti su plusvalenze da cessione di società ed enti aventi immobili in Italia

Fra le molteplici novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) vi è anche l’introduzione di una nuova norma che dispone la tassazione delle plusvalenze realizzate da soggetti non residenti mediante la cessione di partecipazioni di società ed enti non residenti e senza stabile organizzazione, il cui valore derivi principalmente dal possesso di beni immobili situati in Italia.

Le nuove disposizioni normative

Con l’art. 1, commi 96-99 la Legge di Bilancio 2023 ha infatti introdotto due nuove disposizioni:

  1. il co. 1-bis all’art. 23 del DPR 917/1986 (TUIR), che fornisce rilevanza territoriale (assoggettandole dunque a tassazione in Italia per norma interna, salvo norme convenzionali applicabili) alle plusvalenze realizzate da soggetti non residenti in relazione a partecipazioni in società ed enti non residenti, non negoziate in mercati regolamentati, il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia;
  2. il co. 5-bis all’art. 5 del D.Lgs. 461/97, secondo cui l’esenzione dall’imposta sostitutiva, prevista dal comma precedente sui capital gain non qualificati realizzati dai soggetti esteri elencati nell’art. 6 del D.Lgs. 239/96 (ovvero i) residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni; ii) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia; iii) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni; iv) Banche centrali od organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato), non si applica nel caso indicato dal nuovo co. 1-bis all’art. 23 del DPR 917/1986.

Ambito Soggettivo

Il nuovo co. 1-bis dell’art. 23 del TUIR: si applica ai soggetti non residenti che cedono partecipazioni in società ed enti anch’essi non residenti realizzando un reddito diverso ex art. 67 del TUIR.

Rientrano nell’ambito applicativo tutti i soggetti residenti all’estero (società, persone fisiche, trusts, associazioni ecc.) ad eccezione degli OICR di diritto estero il cui gestore è soggetto a forme di vigilanza che consentono un adeguato scambio di informazioni.

Viceversa, la normativa non si applica ai soggetti residenti all’estero che detengono una stabile organizzazione in Italia cui la partecipazione nella società o ente immobiliare è connessa, perché l’alienazione di una tale partecipazione era già considerata territorialmente rilevante in Italia già prima della novella, a titolo di reddito d’impresa.

Il nuovo co. 5-bis dell’art. 5 del D.Lgs. 461/97: interessa tutti i soggetti esteri normalmente esentati dalla tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria realizzati in Italia elencati nell’art. 6 del D.Lgs. 239/96 sopra esplicati ad eccezione, anche in questo caso, degli OICR di diritto estero il cui gestore è soggetto a forme di vigilanza che consentono un adeguato scambio di informazioni. Solo per questi ultimi, dunque, resta una esenzione generale relativa ai redditi diversi in questione, mentre per gli altri l’esenzione non di estende anche al nuovo presupposto d’imposta introdotto dal nuovo co. 1-bis dell’art. 23 del TUIR.

Ambito Oggettivo

Entrambe le norme si applicano esclusivamente se le partecipazioni dalla cui cessione emerge un reddito diverso abbiano un valore che deriva per più della metà, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia (ai fini del calcolo del valore, come anticipato, non si tiene conto degli immobili utilizzati direttamente nell’esercizio dell’impresa, ovvero alla cui produzione e scambio è diretta l’attività dell’impresa). Risulta quindi evidente come la valorizzazione degli asset della società o ente compravenduto sia fondamentale ai fini dell’applicazione della disciplina in commento.

Ciononostante, il Legislatore non ha fornito alcuna specifica indicazione su come debba essere calcolato tale valore né ha rimandato l’esplicazione delle suddette modalità di calcolo ad un futuro documento o provvedimento delegato. Tuttavia, si evidenzia come norme simili siano state già implementate a livello internazionale da vari Paesi, che hanno prevalentemente utilizzato due criteri: il valore di mercato degli asset o il loro valore di bilancio.

Sono escluse, ancora, dall’ambito di applicazione delle nuove norme le partecipazioni negoziate in mercati regolamentati, per la cui nozione si può far riferimento a quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 32/2020. In particolare, in tale sede è stato osservato come per la nozione di mercato regolamentato debba farsi riferimento alla definizione prevista nel TUF. Secondo tale ultima posizione, al di là dei mercati italiani autorizzati dalla CONSOB, rientrano nell’ambito dei mercati regolamentati anche i sistemi multilaterali di negoziazione UE e SEE, i mercati regolamentati situati in Stati UE o SEE, i mercati riconosciuti dalla CONSOB in forza di accordi con Autorità estere e i mercati regolamentati che sono riconosciuti come tali dalle categorie di gestione delle società di gestione del risparmio.

Infine, tramite l’utilizzo degli avverbi “direttamente ed indirettamente” (di derivazione OCSE) il Legislatore ha voluto includere nell’ambito delle nuove norme:

  • sia le cessioni a titolo oneroso di partecipazioni in società o enti che detengono direttamente immobili in Italia;
  • sia le cessioni a titolo oneroso di partecipazioni in società o enti che detengono, a loro volta, partecipazioni in altre società o enti (residenti in Italia o meno) che detengono immobili in Italia.

In tale secondo caso, ovviamente, la detenzione indiretta di immobili in Italia potrebbe anche aversi tramite una serie di società o enti residenti in Italia od all’estero. Simili strutture complicano l’applicazione della norma in quanto rendono più complessa la determinazione del valore della partecipazione compravenduta e di come tale valore si componga. La presenza di diversi livelli di detenzione comporterebbe la necessaria valutazione di tutti gli asset presenti in tutte le società che si interpongono tra l’alienante e gli immobili siti in Italia ed anche probabilmente l’utilizzo di demoltiplicatori in caso di partecipazione non totalitaria ad uno qualsiasi dei livelli di detenzione in una catena societaria.

Resta poi dubbio se la nuova norma superi l’esenzione delle plusvalenze relative alla cessione di immobili detenuti da più di cinque anni (art. 67, primo comma lett. b), applicabile anche ai soggetti non residenti. Ad una prima lettura, sembrerebbe illogico, ad esempio per una persona fisica non residente, riconoscere l’esenzione in caso di cessione di immobile detenuto direttamente ed invece applicare l’imposta in caso di detenzione indiretta per il tramite di una sua società non residente, magari costituita appositamente per la gestione di proprietà immobiliari plurime, magari in paesi diversi, e dunque per effettive finalità economiche.

Coordinamento con le Convenzioni contro le doppie imposizioni

L’applicazione effettiva delle novelle dipenderà anche dai Trattati contro le doppie imposizioni conclusi dall’Italia.

Il nuovo regime introdotto in Italia con la Legge di Bilancio ricalca fedelmente quello dell’art. 13, paragrafo 4, del modello OCSE.

Tale norma, inserita per la prima volta nel modello OCSE del 2003 e tutt’ora presente (con alcune modifiche) nel modello OCSE 2017, riconosce infatti potestà impositiva allo Stato in cui gli immobili sono situati in relazione alle plusvalenze conseguite da un residente dell’altro Stato a seguito dell’alienazione di partecipazioni o titoli similari derivanti per oltre la metà del loro valore, direttamente o indirettamente, in qualsiasi momento durante i 365 giorni precedenti l’alienazione, da beni immobili situati nel primo Stato. Tuttavia, le Convenzioni concluse dall’Italia con i principali Paesi (con l’importante eccezione della Francia, ad esempio) non include questa previsione.

Ne deriva che, le disposizioni in commento, che ampliano la potestà impositiva italiana, potranno essere immediatamente oggetto di applicazione solamente nei casi in cui:

  • l’alienante non residente sia localizzato in un Paese che non ha un Trattato contro le doppie imposizioni concluso con l’Italia in vigore; oppure
  • l’alienante non residente sia localizzato in un Paese che ha un Trattato contro le doppie imposizioni concluso con l’Italia in vigore ma non può beneficiarne (ad esempio, perché non considerato ivi “resident” ai sensi dell’art. 4 del modello OCSE).

In tutte le altre fattispecie sarà necessario, viceversa, valutare se il Trattato concluso con lo Stato di residenza del soggetto alienante contenga una disposizione analoga a quella dell’art. 13, paragrafo 4, del modello OCSE. In assenza di una simile disposizione, infatti, si applicherà il disposto dell’art. 13, paragrafo 5, che prevede la tassazione esclusiva dello Stato di residenza del soggetto alienante, con la conseguenziale impossibilità per l’Italia di applicare in concreto le nuove disposizioni.

Sul punto, l’Italia ha individuato 20 trattati da essa conclusi fino al 2017 che contengono una previsione similare a quella dell’art. 13, paragrafo 4, del modello OCSE (Armenia, Finlandia, Messico, Arabia Saudita, Francia, Nuova Zelanda, Azerbaijan, Filippine, Pakistan, Barbados, Canada, Hong Kong, Romania, Cina, India, Svezia, Israele, Ucraina, Estonia, Kenya). A questi vanno aggiunti altri quattro Trattati conclusi dall’Italia dopo il 2017 (ovvero quelli conclusi con Colombia, Giamaica, Panama e Uruguay).
Ciò comporta che le nuove previsioni normative inserite con la Legge di Bilancio avranno immediato effetto in relazione alle plusvalenze che soggetti residenti in uno degli Stati sopra elencati dovesse realizzare in relazione a società ed enti immobiliari residenti in Italia o all’estero che detengano immobili in Italia.

Infine, si evidenzia che a prescindere dalla circostanza che la Convenzione bilaterale con l’altro Stato non preveda disposizioni ad hoc per la tassazione delle plusvalenze in commento, l’applicazione delle nuove norme troverebbe comunque applicazione nel caso in cui gli Stati abbiano optato per la disposizione contenuta nell’art. 9, paragrafo 4, del MLI, la quale riproduce il contenuto dell’art. 13, paragrafo 4, del modello OCSE 2017 (es. nel caso in cui l’alienante sia residente in Germania).

Infine, in fattispecie complesse dove siano coinvolti più Stati (es. se un soggetto alienante residente in Colombia si trovasse a disporre di una partecipazione detenuta in una società immobiliare residente in Lussemburgo che detenga immobili localizzati in Italia), ai fini dell’applicabilità delle disposizioni in commento sarà necessaria una valutazione della normativa interna dei vari Stati coinvolti e dei relativi trattati tra questi conclusi (se esistenti).

 

 

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