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Delega fiscale: le prospettive di riforma del sistema penale tributario.

Lo scorso 29 agosto è entrata in vigore la Legge delega per la riforma fiscale (L. 9 agosto 2023, n. 111) con cui il Governo è stato incaricato a realizzare un’opera di revisione del sistema tributario, da attuare entro due anni, mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi.

Tra gli obiettivi della riforma vi è quello della rimodulazione del sistema sanzionatorio tributario, in particolare in materia di imposte dirette ed IVA, che, come noto, si declina tanto sul versante amministrativo quanto su quello penale. Per perseguire tale scopo il legislatore delegato dovrà attenersi ai principi e criteri direttivi contenuti nell’art. 20 e, limitatamente al regime di adempimento collaborativo, nell’art. 17 della Legge delega.

In attesa dell’emanazione del decreto attuativo, è utile ripercorrere i criteri direttivi che interessano le imposte sui redditi e l’IVA in modo da cogliere quali cambiamenti si profilano all’orizzonte nel perimetro del D.lgs. 74/2000, che regola, appunto,  la materia penal-tributaria.

I criteri di delega sugli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali.

La delega riguarda, anzitutto, gli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali.

Sotto questo profilo, il primo obiettivo è la razionalizzazione del sistema sanzionatorio amministrativo e penale “ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem (art. 20, comma 1, lett. a), n. 1).

Il ne bis in idem rappresenta il diritto, riconosciuto da specifiche norme sovranazionali (art. 4, Prot. 7 CEDU e art. 50 TFUE), a non essere giudicati o puniti due volte per il medesimo fatto.

Nel sistema tributario italiano esiste, in effetti, un problema di duplicazione del carico sanzionatorio, poiché il contribuente, quando incorre in violazioni della disciplina tributaria che integrano contemporaneamente un illecito amministrativo ed un reato, va incontro all’applicazione di entrambe le sanzioni, le quali, ancorché formalmente di natura diversa e irrogate da autorità distinte, condividono, un comune carattere afflittivo.

Per scongiurare tale eventualità, il sistema prevede attualmente una regola di specialità (art. 19 D.lgs. 74/2000), che, tuttavia, non ha dato grande prova di sé nella prassi, soprattutto perché fortemente depotenziata dall’applicazione giurisprudenziale che tende a salvaguardare la doppia sanzione.

Si rimette, dunque, al Governo un intervento normativo che consenta di conformare realmente il sistema punitivo al ne bis in idem. Quanto alla modalità di adeguamento, il criterio di delega non individua in maniera vincolante una strada da percorrere, ma, nella sua formulazione, contempla espressamente la possibilità di procedere “anche attraverso maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione”.

Sul fronte processuale, invece, è prevista la revisione dei rapporti tra processo penale e processo tributario che dovrà essere realizzata nella duplice prospettiva indicata dall’art. 20, comma 1, lett. a), n. 3, cioè:

  1. riconoscendo efficacia vincolante alla sentenza penale di assoluzione pronunciata all’esito del dibattimento, con le formule “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non lo ha commesso”, affinché la stessa faccia stato, per i fatti materiali accertati, nel processo tributario;
  2. allineando le ipotesi di non punibilità e l’applicazione di circostanze attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale.

Quest’ultima previsione, se correttamente recepita in sede di attuazione, andrà salutata con favore. Con essa la delega sembra voler dare seguito alla scelta già inaugurata dall’art. 23 del D.lgs. 34/2023 (c.d. Decreto Bollette), convertito con L. n. 56/2023, che, non molto tempo fa, ha introdotto una speciale causa di non punibilità per i delitti di omesso versamento di ritenute certificate, di omesso versamento IVA e di indebita compensazione di crediti non spettanti di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1 D.lgs. 74/2000 in caso di versamento integrale dell’imposta dovuta tramite appositi strumenti di definizione della posizione tributaria. Così facendo, la riforma mira a portare a regime generale (ragionevolmente, modificando gli art. 13 e 13-bis del D.lgs. 74/2000) un meccanismo che condiziona l’affermazione di responsabilità penale o l’entità della sanzione irrogabile alla definizione concordata in sede amministrativa.

Dovrà, inoltre, essere elaborata una più rigorosa distinzione normativa tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e di crediti inesistenti previste dall’art. 10 quater D.lgs. 74/2000, amplificando altresì il divario sanzionatorio tra le due ipotesi (art. 20, comma 1, lett. a), n. 5). Previsione, questa, che potrà avere importanti ricadute rispetto alla casistica dei crediti per attività di Ricerca e Sviluppo o da bonus edilizi.

I criteri di delega di rilievo strettamente penale.

Spostandosi sul fronte strettamente penale, due sono i criteri direttivi previsti nella legge delega:

  • l’attribuzione di specifico rilievo penale all’impossibilità sopravvenuta di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al contribuente (art. 20, comma 1, lett. b), n. 1);
  • la valorizzazione delle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione di rilevanza penale del fatto (art. 20, comma 1, lett. b), n. 2).

Il primo criterio preannuncia un intervento molto atteso che attiene al tema della crisi di liquidità e, più in generale, di impresa. Oggi la giurisprudenza, soprattutto di legittimità, è restia ad attribuire rilievo a queste situazioni per escludere la responsabilità penale del soggetto obbligato al pagamento del debito tributario. Stando ai lavori preparatori, l’intenzione è, invece, proprio quella di evitare che il contribuente debba subire conseguenze penali anche in caso di fatti a lui non imputabili. A tal fine, sarebbe auspicabile che l’addebito penale venga escluso, ad esempio, nei casi – frequenti nella pratica – in cui il contribuente in difficoltà esegue pagamenti destinati ad estinguere debiti diversi da quelli nei confronti dell’Erario ma necessari alla prosecuzione dell’attività d’impresa (ad esempio, nei confronti di fornitori, banche o dipendenti) o accede a procedure di gestione della crisi d’impresa.

Quanto al secondo criterio, ci si attende che venga stabilita, come da tempo suggerisce la prassi, la vincolatività per il giudice penale dell’accertamento con adesione o di altre forme di definizione del contenzioso tributario quando l’imposta evasa sia determinata, in accordo con l’Amministrazione Finanziaria, in misura inferiore rispetto alle soglie di punibilità previste dalle fattispecie incriminatrici del D.lgs. 74/2000.

Nuovi effetti premiali dell’adempimento collaborativo.

Da ultimo, va segnalata la previsione di uno specifico scudo penale connesso all’adesione al regime di adempimento collaborativo di cui al D.lgs. 128/2015, regime che sarà oggetto di ampliamento sia sul piano oggettivo che soggettivo. In particolare, andrà esente dalla sanzione penale per il reato di dichiarazione infedele la società aderente al regime e munita di un Tax control framework (Tcf) che abbia comunicato preventivamente e in modo tempestivo ed esauriente l’esistenza di rischi fiscali (art. 17, comma 1, lett. g), n. 1.9.2).

Analoghi benefici premiali assisteranno anche le persone fisiche: la Legge delega dispone che il Governo estenda il regime di adempimento collaborativo anche alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia, nonché a quelle che la mantengono all’estero, ma possiedono nel territorio dello Stato, anche per interposta persona o tramite trust, un reddito complessivo mediamente pari o superiore a un milione di euro (art. 17, comma 1, lett. g), n. 3).

Non resta, quindi, che attendere l’emanazione dei decreti delegati per ritornare sull’argomento.

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