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Dietro al Made In: applicazioni e vantaggi.

Il Made In non è solo una semplice etichetta sui prodotti, ma una attestazione dell’origine di un bene. Ma quando, e a quali condizioni, un’impresa può contrassegnare i propri prodotti con la dicitura Made In?

Una questione tutta doganale

Il Regolamento UE n. 952/2013 (Codice doganale dell’Unione Europea), all’art. 60, identifica due possibilità per l’apposizione del “Made In”. In particolare, le merci sono considerate originarie di un determinato Stato nel caso in cui:

  • siano interamente ottenute in quell’unico Stato; oppure
  • abbiano subito in quel determinato Stato l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.

Le operazioni minime che escludono l’apposizione del Made In

Il Regolamento delegato UE 2015/2446, ossia il regolamento di attuazione del Codice doganale dell’Unione Europea, chiarisce ulteriormente quali operazioni giustifichino, o meno, l’apposizione del Made In.

In particolare, l’art. 34 indica le operazioni non considerate come trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata, ai fini del conferimento dell’origine. Tra le cd. operazioni minime indicate dalla norma rientrano, tra le altre:

  • le semplici operazioni di spolveratura, vagliatura o cernita, selezione, classificazione, assortimento, lavatura, riduzione in pezzi;
  • i cambiamenti d’imballaggio e le divisioni e riunioni di partite;
  • l’apposizione sui prodotti e sul loro imballaggio di marchi, etichette o altri segni distintivi;
  • la semplice riunione di parti di prodotti allo scopo di formare un prodotto completo.

Si tratta, in definitiva, di tutte quelle operazioni meramente estetiche che, seppur giustificate in un’ottica imprenditoriale, non comportano una modifica sostanziale delle proprietà e della composizione del prodotto.

Il piano sanzionatorio

Per quanto attiene alle sanzioni derivanti dalla violazione della normativa europea, l’art. 42 del Codice doganale dell’Unione Europea rimanda espressamente alla disciplina nazionale che, per quanto riguarda l’Italia, è la Legge di Bilancio n. 350/2003.

Tale disposizione normativa distingue tra fattispecie punite a titolo di reato o a titolo di illecito amministrativo.

Nella prima ipotesi rientrano l’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine (art. 4 co. 49). La seconda ipotesi, invece, si configura qualora venga impiegato un marchio tramite modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, ai sensi della normativa europea (art. 4 co. 49 bis).

Un’opportunità strategica per le Imprese

Di fronte ad una clientela sempre più attenta all’origine dei prodotti, caratterizzare i propri beni tramite la dicitura “Made in Italy” rappresenta un importante strumento di attrattiva, motivo di vanto ed espressione dell’eccellenza italiana, da sempre riconosciuta a livello internazionale.

Valorizzare e promuovere, in Italia e all’estero, le produzioni di eccellenza, il patrimonio e le radici culturali nazionali, può, infatti, costituire un vantaggio competitivo significativo per le imprese. Se vuoi saperne di più e comprendere se i tuoi prodotti possono fregiarsi del Made in Italy, non esitare a contattarci.

Il presente articolo ha il solo scopo di fornire aggiornamenti e informazioni di carattere generale. Non costituisce pertanto un parere legale né può in alcun modo considerarsi come sostitutiva di una consulenza legale specifica.
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