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Opinioni

Il concordato preventivo in continuità approvato dalla maggioranza delle classi: istruzioni per l’uso.

La norma

Il dettato normativo dell’art. 112 D.Lgs. 14/2019 (“CCII”) sta suscitando un vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza; è opportuno darne atto, vista la rilevanza della norma, che disciplina il giudizio di omologazione.

Con particolare riferimento al concordato in continuità, il comma 2 dell’art. 112 CCII specifica le condizioni alle quali il Tribunale omologa il concordato anche in assenza del voto favorevole unanime delle classi di creditori.

Le condizioni sono quattro. Mentre le prime tre non paiono porre particolari problemi interpretativi (e sono essenzialmente riconducibili al rispetto della graduazione delle cause di prelazione), ben più complessa è l’analisi della quarta condizione, di cui alla lettera d).

Vale la pena oggi soffermarci sull’ipotesi in cui la maggioranza delle classi sia favorevole alla proposta di concordato in continuità, ovvero: “la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione”.

Il dibattito in dottrina.

Si registrano opinioni discordanti in dottrina sulla qualifica di classe di “creditori titolari di diritti di prelazione”.

  • Una prima tesi sostiene che essa debba ricomprendere solo “creditori prelazionari non soddisfatti entro 180 giorni integralmente ed in denaro, poiché altrimenti non potrebbero votare, ma sono pur sempre ancora da pagare nel rispetto della loro prelazione[1].
  • Una seconda tesi afferma che la categoria in esame possa includere anche soltanto creditori ammessi al voto per incapienza del bene su cui insiste la garanzia: infatti, “il loro voto favorevole è considerato decisivo ai fini dell’omologazione: i creditori privilegiati soddisfatti parzialmente nei limiti della garanzia non hanno un interesse specifico perché ricevono quanto otterrebbero dalla liquidazione, sì che un loro voto a favore assume un significativo sostegno al debitore[2].

Cenni sulla posizione della giurisprudenza.

La giurisprudenza non ha ancora assunto un indirizzo consolidato sul punto, ma una recente pronuncia di una Corte di merito, inedita, ha suggerito l’importanza di attestarsi su posizioni che valorizzino la normativa eurounitaria, in particolare il Considerando n. 54 della Direttiva Insolvency nella parte in cui precisa che “gli Stati membri non dovrebbero esigere il consenso di tutte le classi. Conseguentemente, qualora vi siano solo due classi di creditori, il consenso di almeno una classe dovrebbe essere ritenuto sufficiente, se sono soddisfatte le altre condizioni per l’applicazione del meccanismo di ristrutturazione trasversale dei debiti”.

Dunque, a prescindere dal significato da attribuire alla classe di “creditori titolari di diritti di prelazione”, si può concludere che, nel concordato in continuità, solo l’unanime voto negativo potrebbe determinare la mancata omologazione[3].

Stay Tuned!

Non ci resta che attendere il consolidamento di un indirizzo giurisprudenziale sul punto e raccomandiamo ai nostri lettori di continuare a seguirci per monitorarne l’esito.

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[1] Cfr. Diritto della Crisi. Si richiama, in nota: F. LAMANNA (a cura di), Il codice della crisi dopo il secondo correttivo, Milano, 2022, p. 562.
[2] Cfr. Diritto della Crisi.
[3] Cfr. Diritto della Crisi. Negli stessi termini sostanziali si è espresso il Tribunale di Bergamo, che ha omologato un concordato in continuità approvato dalla minoranza delle classi, al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 112, comma 2, CCII.

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