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Scelte rischiose o negligenti? La Business Judgment Rule nell’azione di responsabilità degli amministratori.

Nell’ambito della responsabilità degli amministratori nelle società di capitali la Corte di cassazione, con ordinanza n. 4849/2023 del 16 febbraio 2023, ha ribadito l’importanza della Business Judgment Rule (di seguito, “BJR”). La BJR – regola di origine statunitense, ma ormai da tempo fatta propria dal nostro ordinamento giuridico – costituisce un principio fondamentale per distinguere gli atti di gestione negligenti da quelli ricompresi nel rischio di impresa, favorendo un’interpretazione volta a effettuare una valutazione ex ante (e non ex post) delle operazioni realizzate dagli amministratori.

La responsabilità degli amministratori

Come noto, ai sensi dell’articolo 2392 del Codice civile, gli amministratori di società di capitali sono tenuti ad adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Il legislatore ha pertanto fissato obblighi assai stringenti a carico degli amministratori: non è sufficiente il grado di diligenza dell’“uomo medio”, ma si dovranno considerare le dimensioni della società e dell’impresa esercitata, la tipologia di quest’ultima e le qualità individuali del singolo amministratore nominato.

L’eventuale violazione degli obblighi di diligenza richiesti dalla legge legittima un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, che può essere esercitata direttamente dalla società (art. 2393 c.c.), dai soci in nome proprio, ma nell’interesse della società (art. 2393-bis c.c.) o dai creditori sociali (art. 2394 c.c.).

Con particolare riferimento all’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c., in considerazione della sua natura contrattuale, requisiti essenziali affinché la stessa possa essere accolta sono la sussistenza delle condotte negligenti degli amministratori, il danno subito dalla società ed il nesso di causalità.

Tuttavia, non è sempre agevole accertare il confine fra un atto negligente dell’amministratore e un’operazione rivelatasi non redditizia e/o non conveniente che rientra nell’area di rischio che caratterizza l’attività imprenditoriale.

Come anticipato in premessa, in tale valutazione assume un ruolo fondamentale la BJR.

La Business Judgment Rule

La BJR costituisce un principio giurisprudenziale volto ad evitare che un giudizio esclusivamente a posteriori possa rivelare condotte negligenti in quegli atti di gestione che si siano dimostrati non vantaggiosi per la società.

In particolare, la stessa si basa sull’assunto secondo cui la gestione dell’impresa comporta inevitabilmente decisioni rischiose che non possono (almeno in teoria) essere oggetto di successivo sindacato da parte del giudice, se inizialmente caratterizzate da un sufficiente grado di ragionevolezza. Ed infatti, un’interpretazione contraria andrebbe inevitabilmente a scoraggiare quelle condotte innovative e rischiose che costituiscono una prerogativa della figura dell’imprenditore.

La BJR mira a risolvere la questione individuando un’area di discrezionalità degli amministratori fra cui sono ricomprese scelte gestorie che non possono essere passibili di sindacato del giudice secondo un mero giudizio a posteriori.

Zona di discrezionalità i cui confini, dal punto di vista pratico, sono evidentemente di difficile definizione.

Per questo motivo, sulla base degli indirizzi giurisprudenziali sviluppatisi negli ultimi anni, le regole poste alla base della BJR impongono determinate condotte all’amministratore, tra cui:

  • agire sempre in modo informato, così come sancito dall’art. 2381 c.c.;
  • assumere decisioni nei limiti della legge e non in conflitto di interesse;
  • assumere decisioni che, sulla base delle informazioni e verifiche effettuate preliminarmente, siano caratterizzate da ragionevolezza.

La pronuncia della Corte di cassazione

Sulla base di tali premesse, la Corte di cassazione in più occasioni ha ribadito l’importanza della BJR e delle regole poste alla base della stessa. Da ultimo, con l’ordinanza oggetto di esame (4849/2023 del 16 febbraio 2023), la Suprema Corte ha respinto l’azione di responsabilità avviata da parte di un importante gruppo editoriale nei confronti di un amministratore in relazione a quattro operazioni societarie connesse alla vendita di una partecipazione sociale, ribadendo quelli che sono i confini dell’insindacabilità delle scelte di gestione.

I giudici di legittimità, oltre a ricordare la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori e i requisiti affinché la stessa possa essere avviata (i.e. sussistenza delle violazioni, verificarsi di un danno e nesso di causalità fra condotta e danno), hanno ribadito che “all’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità ex art. 2392 c.c. di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico e il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire scelte di gestione (o le modalità e circostanze di tali scelte), anche se presentino profili di rilevante alea economica”.

In conclusione, l’azione di responsabilità da parte della società è legittima in caso di atti negligenti e, più in particolare, nell’ipotesi di operazioni che sin dall’inizio risultano manifestamente avventate e imprudenti.

L’eventuale inopportunità dal punto di vista economico, invece, rientra nella discrezionalità dell’imprenditore. Pertanto, potrebbe rilevare esclusivamente come giusta causa di revoca dell’amministratore, e non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società.

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Marco Romeo, Associate
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