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Composizione negoziata della crisi e istanza di liquidazione giudiziale già pendente. Un nuovo percorso interpretativo

Il contesto di riferimento

L’inammissibilità dell’accesso alla composizione negoziata della crisi in ragione dell’anteriore pendenza di domanda dei creditori per l’apertura della liquidazione giudiziale solleva contrasti in giurisprudenza e dottrina. Il casus belli è presto detto: l’art. 25 quinquies D.Lgs. n. 14/2019 (“CCII”), introdotto dal D.Lgs. n. 83/2022, statuisce che “l’istanza di cui all’articolo 17, non può essere presentata dall’imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a), 54, comma 3, e 74”: il legislatore non fa differenze, ed equipara il ricorso – anche per l’apertura della liquidazione giudiziale – proposto dall’imprenditore stesso (art. 40, comma 3, CCII) a quello su istanza del creditore, degli organi di controllo o del PM (art. 40, comma 6, CCII).

 

L’orientamento rigoroso e letterale

L’orientamento più rigoroso è ancorato al dato letterale (cfr. ad esempio Trib. Palermo, 22.5.2023, ne “IlQG”, WKI, secondo cui “l’imprenditore … gode degli strumenti … che gli consentono di salvaguardare gli assets aziendali … e deve senz’altro ritenersi più conforme all’impianto codicistico l’interpretazione dell’art. 25 quinquies CCII più aderente al dato letterale, che include quale limite all’accesso della composizione negoziata la pendenza di un procedimento ex art. 40 CCII proposto ad istanza di qualunque soggetto legittimato”).

 

Un nuovo percorso interpretativo

Le voci discordanti (cfr., ad es., Trib. Bologna, 23.6.2023, ne “IlCaso.it”) poggiano su vari elementi tra cui:

  • il fatto che il secondo periodo dell’art. 25 quinquies CCII aggiunge che “l’istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l’imprenditore, nei quattro mesi precedenti l’istanza medesima, abbia rinunciato alle domande indicate nel primo periodo”: il che farebbe propendere per una interpretazione restrittiva dell’art. 25 quinquies CCII come riferito alle sole iniziative dell’imprenditore1 ;
  • la ratio del divieto di cui all’art. 25 quinquies, “coerente con le finalità della Direttiva Insolvency di salvataggio dell’impresa “vitale” (passibile cioè di risanamento anche mediante la ristrutturazione negoziata del debito) [che] non può quindi che essere quella che nega rilievo impeditivo alla pendenza di procedimenti giudiziali promossi dai terzi … e attribuisce effetti preclusivi (peraltro temporanei) solo alle iniziative dell’imprenditore, in quanto sintomatiche di un suo intento dilatorio” (cfr. Trib. Bologna, cit.).

Anche l’analisi sistematica di altre disposizioni del CCII soccorre in questo senso, ovvero:

  • l’art. 17 comma 3 lett. d) CCII (obbligo dell’imprenditore di allegate all’istanza di nomina dell’esperto e con inserimento nella piattaforma telematica “una dichiarazione … sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale”); e
  • l’art. 18 CCII (che al comma 2 onera l’imprenditore che abbia chiesto le misure protettive di inserire nella piattaforma telematica “un aggiornamento sui ricorsi indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 17, comma 3, lettera d)” e al comma 4 statuisce che “dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale … non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive”).

Laddove si ritenesse, tout court, inibito l’accesso alla composizione negoziata in pendenza di una domanda di apertura della liquidazione giudiziale, tutte le disposizioni citate dovrebbero intendersi come finalizzate a regolare solo la situazione della domanda del creditore (o degli organi di controllo o del PM) che sia sopravvenuta alla richiesta di nomina dell’esperto e dunque per “paralizzare” con le misure protettive chieste e confermate ai sensi degli artt. 18 e 19 CCII solo le iniziative successive.

L’interpretazione restrittiva porterebbe dunque a “soluzioni disfunzionali e inique, perché introdurrebbe una preclusione alla composizione negoziale fondata su un acritico meccanismo di prevenzione, anche di iniziative dei creditori del tutto strumentali. E ciò nonostante il legislatore del Codice abbia previsto, in caso di richiesta di misure protettive, l’immediata inibizione della declaratoria di apertura della liquidazione giudiziale fino alla conclusione della composizione negoziata senza distinzioni” (cfr. Trib. Bologna, cit.).

 

Conclusioni: stay tuned!

Il dibattito è acceso, e occorrerà ancora tempo per capire se sarà consentito l’accesso alla composizione negoziata per l’imprenditore già destinatario di una domanda di terzi per l’apertura delle procedure liquidatorie.

Non Vi resta che continuare a seguirci per monitorare l’esito di questo dibattito, decisivo per la sorte di tante imprese che, già soggette a un procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale su iniziativa dei creditori, vogliono aprire virtuosamente il percorso della composizione negoziata della crisi.

 

[1] Si intendono le iniziative per l’accesso a strumenti di regolazione della crisi, in piena continuità con l’abrogato comma 2 dell’art. 23 DL 118/2021, che menzionava solo strumenti proponibili dal debitore e non da soggetti diversi.

 

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