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Spigolature per orientarsi sulla riforma fiscale in corso: residenza fiscale e onshoring di attività extra UE/SEE.

Quest’anno il Convegno Annuale della branch italiana dell’International Fiscal Association (IFA), svoltosi a Milano il 7 febbraio scorso è stato dedicato alla riforma fiscale. Di seguito qualche spigolatura tra le osservazioni svolte in tema di residenza e di trasferimento in Italia di attività economiche da Paesi non UE/SEE.

Impianto generale e status

Come spesso osservato, il progetto di riforma è il più ampio ed ambizioso degli ultimi 50 anni dopo la riforma Visentini del 1971. Lo scorso agosto è stata pubblicata la Legge Delega (L. 9 agosto 2023, n. 111) con la quale il Governo è stato incaricato di attuare entro agosto 2025 principi riformatori che – come illustrato dal Viceministro Maurizio Leo che ha introdotto i lavori – coprono 4 macroaree di intervento: Principii; Imposte; Procedimenti e Materiali (testi unici).

Alla data di questa nota sono stati pubblicati in G.U. sei Decreti Legislativi: i) fiscalità internazionale (D.Lgs. 209/2023); ii) IRPEF (D.Lgs. 216/2023); iii) Statuto dei contribuenti (D.Lgs. 219/2023); iv) contenzioso tributario (D.Lgs. 220/2023); v) adempimento collaborativo (D.Lgs. 221/2023); vi) adempimenti (D.Lgs. 1/2024); mentre, al 7 febbraio scorso non sono stati ancora pubblicati quelli relativi alle sanzioni tributarie di natura amministrativa e penale e all’accertamento e concordato preventivo biennale.

Residenza fiscale delle persone fisiche ed impatriati (D.Lgs. n. 209/2023)

La principale novità è costituita dalla modifica della nozione di “domicilio” che non è più basato sul concetto civilistico (che include il riferimento al centro degli interessi economici), ma piuttosto è definito come il “luogo principale delle relazioni personali e familiari”. Rileva dunque il criterio di natura sostanziale della presenza fisica. In proposito è stato osservato che è un criterio meccanico e semplice, che ha lo scopo di intercettare il lavoro mobile e si collega alla competizione tra paesi per attrarre talenti ed alle nuove norme sui rimpatriati. A livello convenzionale resta il riferimento agli aspetti economici, che del resto fanno parte degli interessi personali, ma non c’è conflitto in quanto la normativa convenzionale resta sovraordinata e dunque opera qualora si renda necessario dirimere una concorrenza tra potestà impositive di Stati diversi.

Resta il riferimento alla residenza civilistica e dunque alla “dimora abituale”. È stato ricordato che questo criterio richiede continuità di presenza e dunque può richiedere una verifica per più anni con la conseguenza che si può essere residenti anche nell’anno in cui non si sta 183 gg se c’è un contesto di abitualità/continuità su più anni. Ciò può provocare casi di doppia residenza da risolvere su base convenzionale. La nuova norma precisa che la residenza anagrafica genera solo una presunzione relativa di residenza, assumendo così un ruolo subordinato rispetto agli altri criteri. In proposito si è comunque osservato che la mancata cancellazione dall’anagrafe continua ad avere rilevanza probatoria.

Il decreto delegato non introduce lo split year, adottato da alcuni paesi come Francia, Svizzera (in alcuni casi) ed Olanda, che sono comunque la minoranza. Questo disallineamento può generare fenomeni di doppia non imposizione ovvero di doppia imposizione, comportando problematiche come quelle già evocate nel nostro Alert “Il “caso Ibrahimovic” tra Milan e PSG: no al frazionamento del periodo d’imposta” dedicato alla c.d. sentenza Ibrahimovic. Ad esempio, in caso di doppia imposizione, è stato sottolineato come la prassi in Olanda richiede che sia l’Italia a dover riconoscere il credito per le imposte estere olandesi; opposta è l’opinione della Cassazione nel caso Ibrahimovic relativo alla Francia.

Da segnalare anche come la nuova normativa chiarisca che anche le frazioni di giorno concorrono al computo dei 183 giorni; è stato osservato come la prassi informale dell’Agenzia presuma lavorativi tutti i giorni in Italia mentre quelli all’estero si presumono non lavorativi salvo prova contraria.

Quanto alle novità sugli impatriati, esse, come noto, riguardano la riduzione del reddito esente dal 70% al 50% (60% con figlio minore), il cap dei 600K annui e la possibilità di estendere il beneficio per 3 anni anziché 5. Il lavoratore deve avere avuto residenza estera per almeno 3 anni (6 o 7 in caso di trasferimento infragruppo a seconda se non sia stato impiegato in Italia oppure sì) e deve assumere l’impegno a mantenere la residenza per 4 periodi e svolgere l’attività prevalentemente in Italia. In proposito, si è osservato che sembra essere superato il divieto del regime per casi di distacco e che il remote working sembra compatibile con l’agevolazione. Infine, il requisito della elevata specializzazione consente di fare riferimento a quanto chiarito con la Circolare n.17/2017.

Residenza fiscale delle persone giuridiche ed enti (D.Lgs. n. 209/2023)

La principale novità è costituita dall’abbandono del criterio dell’oggetto principale in favore del criterio della sede delle decisioni strategiche o delle decisioni di gestione ordinaria (secondo la relazione illustrativa nozioni innovative). La finalità dell’intervento è quella di diminuire il contenzioso e di allinearsi al Modello di convenzione OCSE 2017.

Si è osservato che i nuovi criteri lasciano comunque punti aperti. Problemi possono crearsi per i modelli operativi di cd vertical functions adottati dalle multinazionali che prevedono linee di riporto funzionali in altri paesi; per modelli con attività decentrate e organizzazioni a matrice e/o con pluralità di organi gestori. Il criterio della gestione strategica evoca rischi per l’uso del remote working da parte delle figure apicali; per le imprese il rischio è che l’home office dei managers costituiscano (quantomeno) stabile organizzazione se si può sostenere che il datore di lavoro usa l’home office del dipendente per la propria attività d’impresa. Ma si potrebbe arrivare anche a riconoscere la residenza fiscale dell’impresa.

Per alcuni sarebbe (stato) preferibile scegliere un solo criterio tra gestione strategica e gestione ordinaria; ovvero graduare i due criteri tra loro come in Francia dove la gestione corrente non è criterio autonomo paritetico ma complementare a quello della sede. Altri ritengono preferibile avere adottato entrambi i criteri per evitare “apolidi fiscali”. Sul piano trasnazionale, va ricordato comunque che nelle convenzioni ante 2013 vige la prevalenza del criterio del place of effective management nel caso sia necessario dirimere situazioni di doppia residenza (per le quali si può accedere alla Mutual Agreement Pocedure ma non all’arbitrato che è l’unica procedura che obbliga le amministrazioni al raggiungimento di un accordo).

Resta anche il tema della ingerenza del socio/società capogruppo rispetto alla partecipata; ad esempio, le funzioni centralizzate svolte dalla capogruppo estera per gestione e negoziazione di cessioni/acquisizioni da parte di subholding italiana non dovrebbero comportare la residenza della capogruppo estera, se non altro perché non si tratta attività ordinaria. Diverso è il caso, ad esempio, della gestione della tesoreria.

Trasferimento in Italia di attività economiche (onshoring – D.Lgs. n. 209/2023)

Completamente nuova è l’agevolazione introdotta per il rimpatrio di attività economiche da parte di imprese o professionisti che esercitano in forma associata. È prevista l’esenzione del 50% del reddito imponibile ai fini IRPEF/IRES/IRAP per 6 periodi d’imposta a condizione che le attività provengano da Paesi non UE/SEE con recapture dei redditi agevolati in caso di ritrasferimento all’estero dell’attività nei 5 periodi successivi al termine dei periodi agevolati, incrementati a 10 in caso di grandi imprese di cui alla raccomandazione 2003/361/CE. Non sono previste sanzioni. Il regime sarà operativo dopo l’autorizzazione della Commissione Europea ai fini degli aiuti di Stato.

La stringatezza della norma origina alcuni interrogativi. In assenza di indicazioni contrarie, l’agevolazione sembra riguardare qualsiasi soggetto che svolge attività d’impresa o d’arte e professione in forma associata, anche non residente, poiché il focus della norma è sull’attività. Non occorre che l’attività sia stata precedentemente delocalizzata né che sia stata svolta fuori da UE/SEE per un tempo minimo. Dubbi sono stati espressi in caso di rimpatrio di singoli asset; per gli intangibili la norma potrebbe applicarsi, mentre in altri casi come, ad esempio, crediti – che potrebbero essere incassati con plusvalenza – presumibilmente la norma non sarà applicabile in mancanza di una “attività produttiva”. L’attività delle holding potrebbe essere inclusa. Da confermare l’applicabilità dell’art. 166-bis TUIR per la determinazione del valore fiscale in ingresso dei beni, dato che al momento la norma riguarda i “soggetti” (e non le “attività”) e solo coloro precedentemente residenti in UE o Stato che scambia le informazioni con le autorità fiscali italiane; sarebbe anche utile chiarire se è possibile valorizzare anche beni completamente già ammortizzati all’estero.

La norma prevede l’obbligo di contabilità separata per il riscontro del reddito agevolabile e ci si è chiesti se in proposito potranno risultare utili le esperienze dei conti economici sezionali come per il patent box o una contabilità separata vera e propria come nel caso delle risalenti agevolazioni IRPEG/ILOR per attività site nel meridione. È stato notato come se l’attività fa parte di un segmento di business sembra più prossima l’esperienza della patent box.

Cenni critici sono stati espressi per l’apparente discrimine tra nuovi investimenti rispetto a chi aveva delocalizzato e rimpatriando ha accesso all’esenzione e per l’apparente assenza di un accordo preventivo con l’Agenzia sul reddito agevolabile tipo APA. Sembra invece praticabile in prima battuta l’interpello per nuovi investimenti. Incerto è anche il trattamento delle perdite eventualmente generate dall’attività rimpatriata: se fiscalmente deducibili per intero o al 50%; se scomputabili anche da reddito imponibile non agevolato; se riportabili anche dopo il termine del periodo agevolato.

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